Conversion rate: cos’è, come calcolarlo ed incrementarlo

Nel mondo del Marketing digitale, ci sono alcune metriche che funzionano come una bussola, aiutando nell’orientamento, nella comprensione delle giuste direzioni e nella valutazione di risultati in modo oggettivo: una delle più importanti è il conversion rate, o tasso di conversione. Nonostante la sua apparente semplicità, questa metrica racchiude in sé molti significati e applicazioni. Ma che cos’è esattamente? A cosa serve? E perché è così centrale per chi lavora online? Vediamolo insieme.

Il conversion rate rappresenta la capacità di una piattaforma digitale (sito web, landing page, campagna pubblicitaria o app) di trasformare i semplici visitatori in utenti attivi. In particolare, misura quante persone, tra quelle che interagiscono con un contenuto online, compiono effettivamente un’azione desiderata. Quest’ultima prende il nome di “conversione”.

Contrariamente a quanto si possa pensare, una conversione non è sempre legata a una vendita. Anzi, nella maggior parte dei casi, non ha nulla a che fare con il pagamento di un prodotto o di un servizio. Può essere, ad esempio, la compilazione di un modulo di contatto, l’iscrizione a una newsletter, il download di un e-book, la prenotazione per un evento, la visualizzazione di un video fino alla fine o la semplice apertura di un account gratuito. Ciò che conta, dunque, non è tanto che cosa l’utente fa, ma se fa quello che il business si aspetta da lui. Ecco perché il tasso di conversione non è un numero fisso e universale, ma una metrica estremamente contestuale. Il conversion rate cambia in base agli obiettivi, al pubblico, al settore e persino al momento in cui viene misurato.

Tuttavia, comprendere il conversion rate significa comprendere l’efficacia delle proprie strategie digitali. Serve a capire se il messaggio funziona, se il pubblico è quello giusto, se il sito è ben progettato, se l’offerta è chiara e convincente. Un parametro che racconta se si sta riuscendo a convertire l’interesse in azioni concrete.

Un conversion rate alto è spesso sintomo di una comunicazione efficace, di una buona user experience e di un’offerta ben posizionata. Un tasso basso, invece, può segnalare diversi problemi. Eccoqualche sempio:

  • Attirare il pubblico sbagliato
  • Messaggio non allineato con ciò che l’utente si aspetta
  • Ostacoli tecnici o psicologici che bloccano il percorso dell’utente

A ogni modo, il conversion rate non può e non deve mai essere letto da solo., ma risulta essere solo una parte di un quadro molto più ampio. Deve essere analizzato insieme ad altri indicatori di performance, come la qualità del traffico, il tempo medio di permanenza sulla pagina, il bounce rate, la provenienza degli utenti e il tipo di dispositivo utilizzato. Solo in questo modo è possibile trarre conclusioni realmente utili. Ma qual è la differenza tra conversioni dirette e quelle indirette?

  • Conversione diretta: l’utente compie l’azione desiderata nella stessa sessione in cui visita il sito o clicca su un annuncio. È il caso, ad esempio, di chi vede un prodotto sponsorizzato su Instagram, clicca, arriva sulla landing page e acquista subito
  • Conversione indiretta: l’utente potrebbe visitare il sito oggi, navigare qualche pagina, abbandonare, ma poi tornare tra qualche giorno da Google o da un’email e concludere l’acquisto. In questo caso, il primo contatto ha comunque avuto un ruolo fondamentale, anche se non ha portato a una conversione immediata

Tutto ciò indica che il tasso di conversione, da solo, non racconta tutto. Serve una visione più completa del customer journey, ovvero del percorso che le persone compiono prima di arrivare alla conversione. Per questo motivo, strumenti come Google Analytics 4, CRM e piattaforme di Marketing automation sono diventati essenziali, consentendo di ricostruire il comportamento dell’utente su più canali e in più momenti.

Inoltre, l’aspetto interessante, ma anche complesso, del conversion rate è che può essere applicato ovunque ci sia un’interazione online misurabile. Non si limita al solo e-Commerce, anche se è uno dei contesti dove è più conosciuto, ma anche in ambiti molto diversi tra loro. Vediamo qualche esempio:

  • Nel mondo del commercio elettronico, la conversione è spesso l’acquisto di un prodotto, ma anche l’aggiunta al carrello, la registrazione al sito o la scelta di una modalità di spedizione possono essere considerate conversioni, a seconda degli obiettivi
  • Nel settore dei servizi o nel B2B, la conversione può essere la richiesta di contatto o di preventivo, spesso attraverso un modulo o un’azione di richiesta informazioni
  • Nei blog e nei progetti editoriali, invece, è più frequente misurare conversioni legate all’iscrizione a una newsletter o al download di un contenuto gratuito
  • Nel mondo delle app il conversion rate è centrale: indica quante persone, dopo aver installato l’applicazione, si registrano, rimangono attive o passano a un piano a pagamento
  • Nel digital advertising, infine, il conversion rate misura l’efficacia di una campagna nel trasformare i clic in azioni reali

In tutti questi contesti, la conversione assume un significato diverso, ma il concetto di fondo rimane lo stesso, ovvero valutare quanto un sistema è efficace nel trasformare l’attenzione in valore.

Un ulteriore aspetto importante, spesso sottovalutato, è la distinzione tra macro-conversioni e micro-conversioni. Le prime rappresentano gli obiettivi principali del business, quelli più direttamente collegati al guadagno o alla crescita aziendale: ad esempio una vendita, una richiesta commerciale, una sottoscrizione a pagamento. Le micro-conversioni, invece, sono piccoli passi intermedi che preparano e indicano una potenziale macro-conversione futura. Possono essere la visualizzazione di una pagina prodotto, il click su un bottone, la visione di un video, l’inserimento di un prodotto nel carrello, o persino il tempo trascorso su una pagina.

Infine, il tasso di conversione ha una relazione stretta con il concetto di customer journey, ovvero il percorso che un utente compie (consapevolmente o meno) prima di arrivare a una decisione. Questo viaggio non è mai lineare: può iniziare con un annuncio visto di sfuggita, proseguire con la lettura di un articolo, passare da un confronto tra competitor e concludersi settimane dopo con un acquisto.

In ogni fase di questo percorso, esistono delle “conversioni parziali” che possono essere misurate. Ecco perché il conversion rate non dovrebbe essere visto come un dato finale, ma come un insieme di momenti, una sorta di mappa interattiva del comportamento degli utenti, utile per analizzare, migliorare e progettare strategie più efficaci.

Come si calcola il conversion rate? Per capire questo aspetto, è necessario partire da una formula semplice, ma efficace: si prende il numero di conversioni effettuate, lo si divide per il numero totale di visitatori o interazioni e poi si moltiplica il risultato per 100, ottenendo così una percentuale. Questo valore rappresenta la quota di utenti che ha compiuto l’azione che il business si aspettava, rispetto al totale delle persone che hanno avuto contatto con la pagina o la campagna.

Facendo un esempio concreto, se un sito riceve 10mila visite e in quel periodo si registrano 300 acquisti, il tasso di conversione sarà pari al 3%. Questo significa che su 100 visitatori, 3 hanno completato l’acquisto. Un altro esempio può essere una landing page che riceve 1.200 visite e genera 84 compilazioni di un modulo di contatto: in questo caso il conversion rate è del 7%, cioè 7 persone ogni 100 hanno deciso di lasciare i loro dati. Lo stesso ragionamento vale per le app: se 5mila utenti cliccano su una pagina di download e 400 installano l’app, la conversione è dell’8%.

Naturalmente questa formula di base può variare in base al contesto. Per esempio, nelle campagne pubblicitarie online il conversion rate si calcola spesso dividendo il numero di conversioni per il numero di click ricevuti dall’annuncio, non dal totale dei visitatori. In questo modo, si misura la capacità dell’annuncio di trasformare l’interesse in un’azione concreta. Nel campo dell’email marketing, invece, il tasso può essere calcolato rispetto al numero di email aperte, ai click su un link o al totale delle e-mail inviate, a seconda dell’obiettivo specifico della campagna.

Quando si calcola il conversion rate è importante fare attenzione a qualche errore comune. Prima di tutto non bisogna confondere il numero di visitatori unici con il numero totale di visite: un singolo utente potrebbe visitare una pagina più volte e, se si misura il tasso sulle visite totali, si ottiene un dato più basso. Inoltre, è fondamentale assicurarsi che il numero di conversioni sia corretto, evitando duplicazioni come la compilazione ripetuta dello stesso modulo da parte di uno stesso utente. Anche decidere se considerare tutte le conversioni, o solo quelle effettuate da utenti unici, è un aspetto da definire, perché questo cambia notevolmente il significato della percentuale ottenuta.

Non va poi dimenticato che il conversion rate andrebbe sempre interpretato nel contesto specifico: un tasso di conversione del 2% può essere ottimo in un e-Commerce, mentre risulterebbe deludente in un contesto dove la conversione è molto più semplice da ottenere, come l’iscrizione a una newsletter. Per comprendere a fondo il comportamento degli utenti e ottimizzare la strategia, è utile calcolare il conversion rate per ogni fase del funnel di vendita o di contatto, analizzarlo per canale di acquisizione, per dispositivo utilizzato e per segmenti di pubblico diversi. Questo permette di individuare con precisione i punti di forza e le criticità di una strategia digitale.

Infine, il conversion rate deve essere sempre considerato insieme ad altri indicatori di performance, come il costo per click (CPC), il costo per acquisizione (CPA), il tasso di click (CTR), il bounce rate e il tempo medio di permanenza sulle pagine. Solo guardando a tutte queste metriche insieme si può avere una visione completa e prendere decisioni strategiche efficaci. Per monitorare e calcolare il tasso di conversione sono disponibili vari strumenti, dai più diffusi come Google Analytics 4, alle piattaforme pubblicitarie di Google Ads e Meta Ads, fino ai CRM e software di marketing automation come HubSpot o Mailchimp. Questi strumenti permettono di tracciare eventi, segmentare i dati e analizzare i risultati per ottimizzare le campagne e migliorare la user experience.

In che modo si incrementa il conversion rate? Eseguire questa operazione significa migliorare la capacità di un sito web, una landing page o una campagna di trasformare i visitatori in utenti che compiono l’azione desiderata, sia essa un acquisto, un’iscrizione o una richiesta di contatto. Secondo gli esperti, è importante capire che questo processo riguarda soprattutto l’ottimizzazione dell’esperienza utente, la chiarezza del messaggio e l’allineamento tra offerta e bisogni del pubblico.

Innanzitutto, uno dei modi più efficaci per aumentare il conversion rate è migliorare la user experience (UX), ovvero l’esperienza che gli utenti vivono durante la navigazione. Questo significa che il sito deve essere facile da usare, veloce nel caricamento, intuitivo e accessibile da qualsiasi dispositivo, soprattutto da smartphone, poiché oggi gran parte del traffico proviene dal mobile. Se la navigazione è complessa, lenta o poco chiara, gli utenti tendono ad abbandonare prima di completare la conversione.

In secondo luogo, la chiarezza del messaggio gioca un ruolo fondamentale. La proposta di valore deve essere immediatamente comprensibile: gli utenti devono capire subito quali benefici otterranno, perché scegliere quel prodotto o servizio e quale azione devono compiere. Titoli incisivi, testi semplici e call to action (inviti all’azione) ben visibili e convincenti sono elementi imprescindibili. Ogni dubbio o ambiguità rischia di far perdere potenziali conversioni.

Un altro aspetto importante è l’allineamento tra il pubblico e l’offerta. È essenziale, infatti, attirare visitatori realmente interessati, ovvero targetizzati in modo preciso. Questo si ottiene attraverso strategie di Marketing mirate, che parlano direttamente ai bisogni e alle motivazioni del pubblico ideale. Attirare traffico generico, o poco qualificato, porterà inevitabilmente a tassi di conversione bassi, perché gli utenti non trovano ciò che cercano o non sono pronti a compiere l’azione.

Inoltre, è fondamentale lavorare sull’ottimizzazione del funnel di conversione. Spesso il percorso dell’utente prevede diversi passaggi, e ogni passaggio può rappresentare un punto di abbandono. Analizzare con attenzione dove gli utenti si fermano o escono dal processo permette di intervenire per eliminare ostacoli, semplificare passaggi, ridurre il numero di clic necessari o proporre incentivi in momenti strategici.

Infine, non si può sottovalutare il ruolo della prova sociale e della fiducia. Testimonianze di clienti soddisfatti, recensioni, badge di sicurezza, certificazioni e garanzie sono elementi che aiutano a rassicurare gli utenti, riducendo le resistenze all’acquisto o alla conversione. L’assenza di questi elementi può far dubitare e frenare l’azione.

In conclusione, il conversion rate rappresenta uno degli indicatori più importanti per misurare il successo di qualsiasi strategia digitale. Non si tratta semplicemente di quanti visitatori arrivano su un sito o una pagina, ma di quanti riescono a compiere quell’azione chiave che trasforma l’interesse in valore concreto per il business. Comprendere come si calcola il conversion rate, interpretarlo correttamente e lavorare costantemente per incrementarlo significa mettere le basi per una crescita sostenibile e duratura. Ottimizzare l’esperienza dell’utente, rendere il messaggio chiaro e convincente, allineare l’offerta alle reali esigenze del pubblico e costruire fiducia sono i pilastri su cui si fonda un tasso di conversione alto e performante. Per chiunque voglia davvero emergere nel panorama digitale, investire tempo e risorse nell’analisi e nel miglioramento del tasso di conversione è una scelta obbligata, capace di trasformare dati e numeri in opportunità di crescita reale e tangibile.

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